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La vita invisibile di Eurídice Gusmão

Regia di Karim Aïnouz. Brasile, 2019, durata 139 minuti. Età : +13

La vita invisibile di Eurídice Gusmão 
film
sorelle
walterbrandani.it

1. SINOSSI

2. RECENSIONE

3. VIDEO

  1. SINOSSI

Rio de Janeiro, 1950. Eurídice e Guida sono due sorelle inseparabili che vivono con i loro genitori dagli ideali conservatori. Immerse in una vita tradizionale, nutrono entrambe dei sogni: Eurídice vuole diventare una rinomata pianista, mentre Guida è in cerca del vero amore. Le loro scelte porteranno alla drastica decisione del padre di separarle. Le due sorelle prenderanno due strade diverse senza mai perdere la speranza di potersi ritrovare.

2. RECENSIONE

Francesco Boille, internazionale.it

Dopo una lunga serie di immagini fisse sulle quali sfilano i titoli di testa e che inquadrano una natura lussureggiante, dai colori vividi, ipnotici, il racconto prende inizio vicino al mare, tra gli scogli e i dirupi. Se quelle immagini sembrano richiamare una prossimità con la foto d’arte e le installazioni, l’estetica della sequenza che segue è più naturalistica, ma i colori, il verde soprattutto, restano di una certa intensità. Due ragazze di circa vent’anni sono inquadrate in un’atmosfera sospesa, vagamente inquieta, rafforzata da un commento musicale discreto ma persistente, che annuncia un possibile temporale, forse una tempesta. Una si alza, l’altra resta seduta, pensosa. Il vento muove le fronde degli alberi mentre vediamo una delle due ragazze inerpicarsi tra la vegetazione esotica e rigogliosa, avanzando tra cespugli e alberi dalle gigantesche radici ricoperte di muschio. Nel risalire si distanziano, poi si chiamano l’un l’altra. “Eurídice!”, dice una. “Guida! Aspettami!”, dice l’altra. La prima chiama ancora, senza l’altra sembra sentirsi come perduta in quel verde avvolgente. Quasi obnubilante. Subito dopo questo lungo prologo, dissolvenza sul nero poi, accompagnata da una musica al pianoforte, l’immagine torna circondata sempre dal nero, come fosse un quadro. Oppure una foto proveniente da un passato recente. Immersa in una luce bianca, soffusa, vediamo una delle due giovani stagliarsi da una porta che quasi la incornicia insieme a una tenda – aperta a metà – di un azzurro turchese e semitrasparente che ondeggia al vento. Per un momento pare un’immagine fantasmatica, distante, lontana, forse perduta per sempre. Un’estetica espressione di una grazia oggi scomparsa. Questo l’incipit, ammaliante, dello straordinario film brasiliano La vita invisibile di Eurídice Gusmão di Karim Aïnouz, adattamento dell’omonimo romanzo della scrittrice e giornalista brasiliana Martha Batalha che arriva ora nelle sale italiane dopo aver vinto il premio come miglior film nella sezione Un certain regard dell’ultimo Cannes. Senza contare la candidatura agli Oscar per il Brasile come miglior film straniero e l’esser stato designato come miglior film dal Sindacato nazionale dei critici italiani. È la storia, incredibile, appassionante, nel Brasile degli anni cinquanta di due sorelle molto somiglianti e insieme molto diverse, in realtà legate tra loro come due vere gemelle malgrado abbiano una differenza di età di circa due anni (Eurídice ha 18 anni, Guida ne ha 20). Eurídice sogna di diventare una grande musicista. Guida sogna invece il grande amore, fuori dai canoni. Entrambe sognano di avere una vita felice seguendo i loro desideri, le loro aspirazioni. Entrambe sperano di rivoluzionare le convenzioni sociali dell’ambiente circostante che dietro l’estroversione, una certa follia apparente, nasconde le tradizioni oppressive di una società dominata dalla cultura patriarcale. Aïnouz confonde e annulla i livelli tra narrazione intima e sociale, romanzo e melodramma, cinema d’impronta realista e cinema che trasfigura, tra sperimentazione e classicismo, tra telenovela e cinema d’autore. Tutto tiene in una sapiente alchimia di equilibri, fatta anche di tanti piccoli tocchi, come quelli di un pittore su un quadro. Del resto, quest’alchimia è altrettanto vera sul piano formale, sintomo di una perfetta unione tra la dimensione narrativa con quella visiva. Ma prima di approfondire quest’ultima, soffermiamoci su quella narrativa. Essere ragazza madre negli anni cinquanta non era uno scherzo, ancor più in Brasile. Cacciata dal padre, con una madre sottomessa al suo volere, Eurídice vivrà un’esistenza costantemente segnata dal fatto che i genitori le hanno fatto credere che la sorella fosse morta. Guida – che nel film qualcuno trova sia un nome difficile da ricordare o pronunciare forse perché ricorda il nome di Giuda, sinonimo di tradimento e disonore – sarà invece segnata dal costante interrogativo sul perché la sorella non risponda alle sue lettere. Non vogliamo rivelare molto di più. Crediamo sia chiaro che in un contesto sociale del genere se la donna è vittima di un uomo che la seduce, a farle poi pagare la propria ingenuità sia sempre un uomo. La cultura maschilista, qui uccide due volte, uccide sempre. In realtà uccide tutti, anche il padre.

Architetture oniriche
Tutto questo è avvolto in una dolcezza dall’onirismo persistente. I colori saturi ricercati dal regista che rievocano l’estetica ottimista delle cartoline degli anni cinquanta sono sempre modulati sapientemente con l’estetica dal registro più naturalistico. Quasi in ogni inquadratura i personaggi sono immersi, circondati, da muri, linee prospettiche, intersezioni divisorie, negli interni come negli esterni, che creano una grande vivacità visiva e una (ri)esplorazione degli ambienti, della loro veridicità e autenticità. Una sorta di mirabile unione formale che è l’opposto della vicenda delle due sorelle, due sorelle-specchio progressivamente sbriciolate, frantumate dal determinismo sociale. Ma queste linee divisorie sono avvolte in un onirismo costante che crea una sorta di stranissima psichedelia rétro, e non soltanto per il verde dominante, avvolgente. Non deve stupire: il regista è laureato in architettura, ha realizzato installazioni oltre che documentari, fiction televisive per la Hbo e diversi altri lungometraggi selezionati a Cannes, Berlino e per due volte a Venezia.

3 VIDEO

TRAILER

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LA VITA INVISIBILE DI EURÍDICE GUSMÃO – clip – “Questo vestito ti sta d’incanto”

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LA VITA INVISIBILE DI EURÍDICE GUSMÃO – clip – “Ricordi”
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LA VITA INVISIBILE DI EURÍDICE GUSMÃO – clip – “Sorelle invisibili”

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Il duello

Il duello - Ragazzi Mondadori

Il duello
di David Grossman

Traduttore: Daria Merlo
Illustratore: Serena Riglietti
Editore: Mondadori
Anno edizione: 2020
Pagine: 120 p., Rilegato

Età consigliata: 10-11 anni

TRAMA

(leggi alcune pagine: estratto ed. Mondadori anteprima google )

David è un ragazzo di 12 anni a cui piace ascoltare i racconti degli anziani che vivono nella casa di riposo di Gerusalemme, piuttosto che uscire con i propri coetanei a giocare a pallone o far parte degli scout, cosa che farebbe piacere a sua madre. Heinrich Rosenthal ha 70 anni, abita proprio nella casa di riposo, ed è il “preferito” di David. Un giorno, mentre David si trova sotto il letto di Rosenthal, sente bussare alla porta e vede entrare un paio di scarpe enormi (misura 46) il cui proprietario, Rudi Shwartz, minaccia con parole pesanti il povero Rosenthal. I due parlano degli occhi e della bocca di una certa Edith. Quando Shwartz se ne va, Rosenthal spiega tutto a David: Edith Strauss, una bellissima pittrice dagli occhi e dai capelli neri, è stata la ragazza di Rudi e di Heinrich. Aveva un carattere instabile e passionale, perciò molti ragazzi, affascinati da questo suo lato misterioso, le facevano il filo. Prima di partire per l’Inghilterra ha dipinto i propri occhi e la bocca e li ha regalati rispettivamente a Rosenthal e a Shwartz. Ora Rudi accusa Rosenthal di avergli rubato il quadro della bocca e lo sfida a duello. David sa benissimo che a un duello uno dei due sfidanti deve morire, perciò è davvero preoccupato per l’incolumità del suo amico. Mentre sta frugando tra le cose di Rosenthal, una persona entra nella stanza e David si nasconde immediatamente nell’armadio. Capito che qualcuno sta cercando di rubare il quadro, nascosto nella valigia, che Edith aveva regalato a Rosenthal, David esce dall’armadio e constata che il ladro è Ann Strauss, la figlia di Edith. Ann spiega il perché di quell’intrusione, dicendo che la madre, Edith, prima di morire le aveva chiesto di recuperare i quadri che aveva dato a Rosenthal e a Schwartz. Inizialmente, lei aveva pensato di rubarli ma poi aveva deciso di prenderli di nascosto, fotografarli e quindi restituirli. Aveva già preso il quadro di Schwartz e adesso stava cercando di prendere quello di Rosenthal. David capisce subito l’equivoco che, di lì a poco, avrebbe potuto causare persino una o due vittime; quindi cerca di trovare una soluzione e, notando la grande somiglianza che Ann ha con la madre, decide di farla vestire graziosamente e di portarla dai due duellanti per fargli spiegare l’equivoco. Ann accetta subito e, arrivata sul luogo del duello appena prima che i due stiano per sparare, facendoli rimanere abbagliati dalla sua presenza, ne impedisce il duello. Ann spiega quindi l’equivoco e i due ricevono di nuovo i quadri senza alcun spargimento di sangue.

AUTORE

David Grossman (Gerusalemme, 1954), noto per il suo impegno in favore di una soluzione pacifica della questione palestinese, è uno dei più grandi narratori contemporanei. È diventato un caso letterario nel 1988 con Vedi alla voce: amore, seguito da Il libro della grammatica interiore, Ci sono bambini a zigzag, Che tu sia per me il coltello, Qualcuno con cui correre, Col corpo capisco, A un cerbiatto somiglia il mio amore, Caduto fuori dal tempo e Applausi a scena vuota, vincitore del prestigioso Man Booker International Prize nel 2017. Suoi sono anche alcuni celebri libri inchiesta dedicati alla questione palestinese: Il vento giallo, Un popolo invisibile, Con gli occhi del nemico, La guerra che non si può vincere.