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Kinds of Kindness

Regia di Yorgos Lanthimos- Gran Bretagna, 2024, durata 165 minuti. Età dai 16 anni

  1. Recensione
  2. trailer e video

RECENSIONE di Martina Belluscio pubblicato su dasscinemag

In matematica, la proprietà commutativa insegna che se cambi l’ordine degli addendi il risultato non cambia. Yorgos Lanthimos sembra averlo capito molto bene, specie se il risultato è un bel film. Presentato a Cannes, Kinds of Kindness (trailer) segna il ritorno al cinema del regista dopo i fasti che hanno inaugurato il 2024. Una dichiarazione d’amore al proprio modo libero di rappresentare la realtà, quasi a ricordarlo a chi l’avesse scoperto solo recentemente.

Chi si aspettava però la magnificenza di Povere Creature! è rimasto inevitabilmente deluso. Kinds of Kindness è un film ridotto all’osso, che va diretto al punto. Dimentica la coerenza narrativa e la speranza del suo ultimo lavoro e torna a raccontare uomini e donne in frammenti. Smette di viaggiare tra le epoche storiche (anche se l’epoca vittoriana de La Favorita sembra andare molto di moda) e si ferma nella contemporaneità.

Il film è infatti composto da una serie di quadretti che dipingono la realtà, dove i protagonisti si alternano per raccontare tre storie: un uomo che lascia che le proprie scelte di vita siano dettate da un’altra persona, che pretende la sua libertà a tal punto da costringerlo a commettere un omicidio, un uomo che non riconosce più la moglie di ritorno da una spedizione, e una setta che cerca un’eletta guaritrice.

Lanthimos gioca con la follia quotidiana, ne racconta le sfaccettature con una particolare forza propulsiva, quasi un rito bacchico, dove il confine con la normalità è continuamente sfumato e il racconto equivale a una sorta di liberazione. L’incapacità di scegliere e la necessità di avere una sorta di divinità che ci guidi all’interno delle scelte di ogni giorno, l’impotenza di un uomo di reagire al cambiamento di una donna e la costrizione a farsi dare tutto ciò che vuole fino ad ucciderla (e ritrovarla solo nel sogno), l’inganno dell’uomo di credersi vicino alla divinità. Una fotografia a colori del mondo di oggi, moderni Icaro che si avvicinano troppo al sole e sciolgono fragili ali di cera. L’unico veramente immortale è R.F.M: l’uomo comune, nascosto dietro un nome fittizio, diventa il collante della storia. Il solo personaggio fisso, forse a suggerirci che solo attraverso la normalità delle azioni quotidiane possiamo sopravvivere ai continui stimoli che ci portano fuori strada.

Kinds of Kindness va oltre la lettura del presente, crea l’immagine di un’epoca usando come filtro una sorta di suggestione allucinatoria che si vede fin dai primi secondi. Un espediente per permettere al messaggio di passare più velocemente.

Kinds of Kindness recensione film di Yorgos Lanthimos DassCinemag
Il regista torna a dirigere un cast che sembra ormai essersi plasmato al suo modus operandi, una vera e propria famiglia artistica. Dopo Povere creature! ritroviamo una magnetica Emma Stone (anche qui diventa ballerina per un attimo), Willem Dafoe in un’angosciante sete di potere e tutta la grazia sensuale di Margaret Qualley. Si aggiungono Jesse Plemons (che con questo film porta a casa il premio alla migliore interpretazione maschile della kermesse) e Joe Alwyn. Ognuno di loro è un pezzo intercambiabile all’interno dei singoli episodi, quasi come se fossero universi paralleli intrappolati in un eterno presente senza scampo.

È un film estremamente silenzioso, che usa la musica solo nei titoli di testa e coda: esemplare l’uso di Sweet Dreams degli Eurythmics, musica disco che stride con le dissonanze classiche del resto del film, ma che sembra anticipare la potenza emozionale e quasi inquietante che impregna ogni secondo. Le numerose inquadrature ai dettagli, ai gesti meccanici, importanti soprattutto nel primo episodio, restituiscono la soffocante società moderna e il suo controllo, per poi dimostrare quanto il tutto sia effimero.

Lanthimos non prende una netta posizione, non può permettersi di fare un ennesimo film di critica sociale. Ce ne sono fin troppi. Restituisce senza troppe costruzioni il ritratto destabilizzante del nostro quotidiano, a prima vista semplice, ma in realtà resta impresso e risulta quasi inevitabile, qualche giorno dopo la proiezione, non ripensare a quelle due ore e mezza disturbanti, tra un swipe up e l’ennesimo consigliato “per te” di Netflix. La kindness richiamata nel titolo è quindi, forse, la delicatezza del regista nel farci credere che tutto il racconto sia solo un sogno, lontano, mentre aspetta che, prima o poi, ci sveglieremo.

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KINDS OF KINDNESS | Clip dal Film | “Andiamo tutti su in camera”

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