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ARRENDERSI AL CORPO (A. Lowen)

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LA PAURA

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SCHEDA

Alexander Lowen

ARRENDERSI AL CORPO

Il processo dell’analisi bioenergetica

ED. ASTROLABIO

pagine: 260
prezzo: € 18.00

PREMESSA

Quarantotto anni sono passati da quando ho avuto il mio primo paziente in terapia. Avevo appena concluso la mia analisi con Wilhelm Reich, la cui opera stava acquistando notorietà per cui cresceva anche la domanda del suo tipo di terapia. Dato che erano pochissimi coloro che avevano ricevuto un addestramento nel suo approccio, c’era chi si rivolgeva a me nonostante all’epoca non fossi ancora medico. Essendo un principiante, al mio primo paziente chiesi due dollari l’ora, un onorario molto basso anche per quei tempi. Ma ogni volta che rivado col pensiero a quella prima esperienza, mi chiedo se mi fossi meritato perfino quella piccola somma. Non avevo la minima idea della profondità e della gravità del disturbo che affligge così tante persone nella nostra cultura: depressione, angoscia, insicurezza e mancanza d’amore e di gioia di vivere. Ora, dopo circa mezzo secolo di lavoro sulle persone e dopo aver scritto undici libri, credo di aver raggiunto una certa comprensione del problema umano e di poter formulare i principi di un efficace approccio terapeutico, che ho denominato Analisi Bioenergetica. Questo libro intende descrivere il processo di tale terapia e illustrarne l’applicazione attraverso le storie cliniche dei miei pazienti. Desidero precisare che non si tratta di una cura rapida e facile, anche se efficace; ma la sua efficacia dipende dall’esperienza e dalla comprensione che il terapeuta ha di se stesso. Dato che i problemi che le persone si trovano ad affrontare si sono strutturati nella loro personalità da molti anni, non è realistico aspettarsi una guarigione rapida e agevole. I veri miracoli accadono raramente. Ma ce n’è uno che accade regolarmente: il miracolo della creazione di una nuova vita. A questo il libro è dedicato.
Il principio sotteso all’Analisi Bioenergetica è l’identità funzionale e l’antitesi tra mente e corpo, o tra processi psicologici e fisici. È un principio che deriva dal fatto che una persona è un essere unitario, e che ciò che avviene nella mente deve avvenire anche nel corpo. Quindi, se una persona è depressa e nutre pensieri di disperazione, impotenza e fallimento, il suo corpo mostrerà un analogo atteggiamento depresso, attraverso una diminuzione degli impulsi, una ridotta motilità e una minore ampiezza della respirazione; risultano depresse tutte le funzioni corporee, compreso il metabolismo, e ne consegue una minore produzione di energia. Naturalmente, la mente può influenzare il corpo, proprio come quest’ultimo influenza la mente. Ciò significa che in alcuni casi è possibile migliorare il funzionamento corporeo modificando l’atteggiamento mentale, e che ogni cambiamento così indotto sarebbe solo temporaneo se i processi corporei sottostanti non subissero un cambiamento significativo. D’altra parte, migliorare direttamente funzioni corporee come la respirazione, la motilità, la sensibilità e l’autoespressione ha un effetto immediato e duraturo sull’atteggiamento mentale. In ultima analisi, aumentare l’energia di una persona è la trasformazione fondamentale che il processo terapeutico deve produrre per raggiungere il suo scopo di liberare l’individuo dalle restrizioni del passato e dalle inibizioni del presente.
Il seguente diagramma mostra la gerarchia delle funzioni della personalità come una piramide con l’Io al vertice. Queste funzioni sono reciprocamente interrelate e dipendenti e poggiano tutte su una base che rappresenta la produzione e l’impiego di energia.
Scopo della terapia è aiutare l’individuo a recuperare la piena potenzialità del suo essere. Tutte le persone che vengono in terapia sono state gravemente menomate, da traumi infantili, nella loro capacità di vivere ed esperire la pienezza della vita. È questo il disturbo di base della loro personalità, dietro ai sintomi manifesti. Mentre il sintomo denota in che modo l’individuo è stato danneggiato nella sua educazione, al fondo c’è la perdita di una parte del sé. Tutti i pazienti soffrono di una qualche limitazione della loro personalità: limitata autoconsapevolezza, ristretta espressione di sé e ridotta padronanza. Queste funzioni di base sono le colonne del tempio del sé. La loro debolezza crea un’insicurezza nella personalità, che mina tutti gli sforzi compiuti dall’individuo per trovare la pace e la gioia che danno alla vita piena soddisfazione e il suo significato più profondo. Si tratta di un obiettivo ambizioso per qualunque intervento terapeutico, e si è detto prima che non è facile raggiungerlo. Ma senza una chiara comprensione dello scopo terapeutico ci si può perdere nel labirinto dei conflitti e dell’ambivalenza che confondono e frustrano molti sforzi terapeutici. Per moltissime persone, nella nostra cultura, la vita è una lotta per sopravvivere e la gioia è un’esperienza rara.

LA PAURA, L’EMOZIONE PARALIZZANTE

AUDIOLETTURA  (Segue testo)

L’idea della resa è impopolare per l’individuo moderno, il cui orientamento si basa sull’idea che la vita sia una lotta, un combattimento, o quanto meno una contesa. Molte persone considerano la vita un’attività che tende a un qualche conseguimento, a un qualche successo. L’identità personale spesso è più legata all’attività della persona che al suo essere. […]
Senza una resa dell’Io narcisistico non è possibile abbandonarsi all’amore. Senza tale abbandono, la gioia è impossibile. Resa non significa […] sacrificio dell’Io. Significa invece che l’Io riconosce il proprio ruolo subordinato al sé, la propria funzione di organo di coscienza e non di padrone del corpo. […]
La parte oscura, la parte inconscia del nostro corpo è quella che fa fluire la nostra vita. Noi non viviamo in virtù della nostra volontà: la volontà è impotente a regolare o coordinare i complessi processi biochimici e biofisici del corpo, è impotente a influire sul metabolismo del corpo, da cui dipende la nostra vita. E questo è un concetto molto rassicurante perché, se fosse vero il contrario, la vita si spezzerebbe al primo fallimento della volontà.
[…]
Le illusioni sono difese dell’Io contro la realtà […]. La salute emotiva è la capacità di accettare la realtà e di non sottrarsi a essa. La nostra realtà di base è il nostro corpo. […] Ogni parte del corpo contribuisce al nostro senso del sé, se siamo in contatto con essa. E possiamo avere questo contatto solo se è viva e mobile. Quando ogni parte del corpo è carica e vibrante, ci sentiamo vivi in modo vibrante e felici. Ma perché ciò accada dobbiamo arrenderci al corpo e ai suoi sentimenti.
Questa resa significa lasciare che il corpo diventi pienamente vivo e libero. Significa non tradirlo e non controllarlo. Il corpo non è una macchina che noi dobbiamo avviare o fermare. Possiede una sua mente e sa cosa deve fare. In realtà, ciò a cui rinunciamo è l’illusione del potere della mente.
[…] Fare è l’opposto di arrendersi. Fare è una funzione dell’Io, mentre arrendersi al corpo esige un abbandono dell’Io. […]
Naturalmente, quando il sentire è assente o ridotto, si cerca un significato alla vita oltre il sé” (pp. 26-31, 35).

Il sentire vero svuota la vita di una sua presunta direzionalità, di un suo presunto senso. Si esce dalla banale retorica di frasi patetiche quali dare un senso alla vita, cercare un posto nel mondo, avere uno scopo. Per non parlare di quella bestemmia somma costituita dalla parola ambizione.
Invece: resa, abbandono. E farsi fluire, lasciarsi andare. Lasciarsi andare: non più io vado, ma sono lasciato andare, sono portato, sono condotto. Sono fluito. Ovvero: sono arreso al mio corpo, da lui accudito. Più mi arrendo e più sento la sua potenza, la sua forza, la sua inderogabile verità. La verità del corpo, la verità della natura, la verità della materia, la verità della terra, la verità del sentire.
Non più il soggetto che produce l’azione, ma l’azione che si impone in un soggetto volatilizzato nella sua esposizione al reale, alla potenza della datità dell’istante presente. Come un ubriaco per strada, ma che sente nel suo inciampo il senso del mondo.

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