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Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione

MARIN INSEGNARE A VIVERE

Autore: Morin Edgar

Titolo: Insegnare a vivere
Sottotitolo: Manifesto per cambiare l’educazione

Pagine: 116
Anno: 2015

editore: Raffaello Cortina Editore

Prezzo: 11,00€

 

 

 

Il libro

Sulle tracce di La testa ben fatta e I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Edgar Morin auspica una riforma profonda dell’educazione, fondata sulla sua missione essenziale, che già Rousseau aveva individuato: insegnare a vivere. Si tratta di permettere a ciascuno di sviluppare al meglio la propria individualità e il legame con gli altri ma anche di prepararsi ad affrontare le molteplici incertezze e difficoltà del destino umano. Questo nuovo libro non si limita a ricapitolare le idee dei precedenti ma sviluppa tutto ciò che significa insegnare a vivere nel nostro tempo, che è anche quello di Internet, e nella nostra civiltà planetaria, nella quale ci sentiamo così spesso disarmati e strumentalizzati.

L’autore

Edgar Morin è una delle figure più prestigiose della cultura contemporanea. Nelle nostre edizioni ha pubblicato, tra gli altri, La testa ben fatta (2000), I sette saperi necessari all’educazione del futuro (2001), La nostra Europa (con Mauro Ceruti, 2013), La mia Parigi, i miei ricordi (2013).

 

 

 

Anticipazione  testo pubblicata su Avvenire.

 

RECENSIONE

Edgar Morin. Insegnare a vivere

 

Il novantaquattrenne Edgar Morin, sociologo e filosofo, ci consegna l’ultimo saggio di una trilogia dedicata all’educazione. Insegnare a vivere (Cortina 2015), come i precedenti La testa ben fatta e I sette saperi necessari all’educazione del futuro (Cortina 2000 e 2001), non è un’opera pedagogica né una proposta di riforma del nostro sistema scolastico ma un suo radicale superamento. A indicare l’urgenza della proposta di Morin, due domande in esergo al libro chiudono ad anello le sorti dell’umanità e il destino del nostro pianeta: “Quale pianeta lasceremo ai nostri figli?” (Hans Jonas) ci richiama alla responsabilità nei confronti di quel prossimo che sono le generazioni future; “A quali figli lasceremo il mondo?” (Jorge Semprùn) affida la responsabilità all’insegnamento educativo che fin d’ora dovremmo attivare. L’intreccio fra l’umano e il naturale è ormai diventato un gaddiano garbuglio; gli oggetti con cui conviviamo sono sempre più ibridi, direbbe Bruno Latour, dove si fa indistinto il confine fra quanto è prodotto da noi e quanto si deve alle leggi del mondo. Di qui l’esigenza (che accomuna Morin a un altro “maestro del nostro tempo”, Michel Serres) di superare l’antica barriera che la nostra stupidità ha costruito fra cultura umanistica e saperi tecno-scientifici: non si tratta di questione accademica, o di conflitto di facoltà (mentali ed universitarie), in gioco è l’urgenza di una comprensione che ricollochi l’uomo nella natura. Tema su cui Morin ha l’innegabile merito di aver imposto tra i primi una riflessione, a partire dal lontano Il paradigma perduto (1972), quando ci invitava a comprendere la natura umana muovendo dalle radici evolutive da cui è emersa. Finché continueremo a tenere separate le due rive della cultura (fino a renderle rivali) non riusciremo a gestire le ricadute del nostro intervento sulla natura e di quest’ultima sulla comunità degli umani. Una comunità di destino, ricorda Morin, che si avvia a diventare planetaria, come esito della globalizzazione, o meglio, suggerisce il termine francese, mondializzazione, perché coinvolge non solo i gruppi umani, ma anche le loro relazioni con la biosfera.

 

Con la metafora della testa ben fatta (ripresa da Montaigne), Morin invitava a formare menti che fossero, non tanto piene di conoscenze, quanto in grado di porre e trattare problemi globali, grazie a criteri organizzatori che tengano conto della complessità che li governa. È questo che non sa fare la scuola, dalla primaria all’Università, frantumata com’è in discipline, affidata a competenze unilaterali o settoriali, cullata dalle certezze dei propri limitati campi d’indagine. Sempre più siamo posti di fronte a sistemi instabili, flou, dai confini indistinti e mobili (come le nuvole che già Wiener eleggeva a emblema del sapere cibernetico): in essi entrano in gioco il grande numero e molteplici variabili strette in relazioni non lineari, le leggi che governano le componenti non bastano a spiegare l’evolversi del sistema, con la conseguenza che si stempera ogni certezza previsionale. Se un tempo si poteva guardare alla geometria euclidea e/o alla fisica newtoniana come scienze regine, paradigmi di rigore esplicativo, oggi sono altre le scienze che ci educano a dialogare con l’incertezza. La matematica stessa, in perenne cammino verso il rigore, ci ha svelato la fecondità di campi dove domina il qualitativo e l’anesatto (dalla topologia ai frattali), fornendoci modelli molto più rispettosi della complessità del reale. L’esattezza è una richiesta che dovrebbe adattarsi agli esattori delle finanze più che agli insegnanti di matematica; qualcuno di essi ricorda il nevrotico protagonista di “Bianca” di Nanni Moretti, turbato dal non ritrovare ordine e regolarità fra le coppie degli amici, che fanno errori stupidi, e si separano.

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L’ora di lezione. (Per un’erotica dell’insegnamento)

ora

L’ORA DI LEZIONE

Per un’erotica dell’insegnamento

di Massimo Recalcati

Editore: EINAUDI
Pubblicazione: 09/2014
Prezzo: € 14,00

 

  INDICE

  – leggi l’introduzione

– recensioni

 

 

 

 

 

INTRODUZIONE (clicca qui)

 

RECENSIONI:

1) AFFARITALIANI.IT di Alessandra Peluso
Squillo della campanella per molti studenti, ma chissà per quanti ancora questo suono simboleggia l’eccitazione di un inizio scolastico e l’entusiasmo di imparare per crescere.
Crescere in una scuola smarrita – come la definisce – Massimo Recalcati è complesso: «La Scuola rischia di non essere più il luogo pubblico della formazione degli individui, la quale viene invece filtrata e organizzata in altri luoghi (televisione, internet), al di fuori del campo della cultura, lasciata in balia delle illusioni di cui si nutre il discorso capitalista». (p. 12).
“L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento” è una critica acerrima alla scuola, e al contempo un’analisi obiettiva alla sua esistenza oggi, al suo esserci, a com’era in passato e come probabilmente dovrà essere in futuro, perché diventi un luogo di crescita e non di erudizione passiva e pedante, né peggio un luogo di perdizione. Così infatti appaiono molti ragazzi, passivi, persi, dei contenitori che ingurgitano informazioni a dismisura sino a raggiungere uno stato di anoressia, nella quale niente più a senso. Situazione che si potrebbe definire deprimente, le cui mancanze non sono da attribuire esclusivamente ai ragazzi.
Massimo Recalcati affronta un’anamnesi delle lezioni scolastiche, del rapporto insegnante-studente, proponendo in chiave psicoanalitica, una fantastica relazione d’amore tra i due soggetti che si incontrano, trasformando il sapere in un rapporto d’amore. Bellissimo e quantomai evolutivo e coinvolgente il testo di Recalcati; e in particolare, è a ben vedere, un libro che ogni insegnante dovrebbe leggere, e forse anche ogni studente che vorrebbe essere considerato un soggetto, protagonista, e non un oggetto, uno sterile contenitore da riempire: «Senza il desiderio di sapere non c’è possibilità di un sapere legato alla vita, capace di aprire porte, finestre, mondi». (p. 61).
Occorre fomentare nei ragazzi il desiderio di apprendere, conoscere con passione perché non ci sia un “vuoto di cultura”. La scuola come la droga – afferma Pasolini – è un surrogato, un surrogato della cultura. La droga viene a riempire un vuoto causato dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura. Oltre a questa provocatoria e dolorosa affermazione pasoliniana scorre in “L’ora di lezione. Per un’erotica dell’insegnamento” un puro godimento, un’apertura al desiderio, un innamoramento verso altri mondi da esplorare. Sarebbe meraviglioso se ciò si realizzasse, se ci fosse “questo rapporto amoroso ed erotico verso la cultura che costituisce il più potente antidoto per non smarrirsi nella vita”. (p. 87). Complesso senza dubbio, ma possibile se solo si riesce a prendere la scuola per ciò che è, il suo valore insito e intrinseco e non un’alternativa alla strada che pure ha da insegnare.
Massimo Recalcati si sofferma dapprima sui tre grandi “complessi” che hanno investito e riguardano oggi la Scuola (da notare la S maiuscola che l’autore utilizza nel libro proprio per evidenziare la grandezza e l’importanza della Scuola): il complesso di Edipo, di Narciso e Telemaco sino a soffermarsi sul “trasporto erotico del sapere” e a “l’ora di lezione” dove il corpo diventa un libro, ossia il corpo sessuale non è solo strumento per il mio godimento, ma diventa qualcosa da poter leggere: libro erotico, libro fatto di carne, libro pulsionale. È un corpo che non si stanca mai di leggere e di divorare. È un corpo che diventa ammirazione per il mondo dell’Altro. La possibilità che il corpo diventi un libro, coincide con la possibilità dell’amore, l’incontro con l’altro, in quanto ogni incontro degno di questo nome è sempre un incontro d’amore. (p. 86).
Affascinante lezione quella proposta da Recalcati, ammaliante, carismatica.
Nella conclusione amorosa e passionale – come poi dovrebbe essere la vita – si dipana il mestiere dell’insegnante. Il maestro che non deve essere un padrone, comportando l’omologazione dei suoi allievi, in quanto – sostiene Deleuze – non apprendiamo nulla da chi ci dice di fare come lui. Vi è l’incontro spiazzante tra l’autore e la sua insegnante e la possibilità di considerarsi imperfetto, contingente, possibile all’inciampo; è l’incontro con l’ostacolo, infatti, che sia l’insegnante e sia l’allievo, e dunque ogni essere umano, è portato a riconoscere, a superarlo e a considerarlo fondamentale per crescere, altrimenti risulterebbe un’esistenza desertica.
Tuttavia, il sistema “Scuola” costituisce il caposaldo dell’istruzione e pertanto, va supportato da un sistema politico evolutivo, progressivo che guardi al futuro dei giovani e non miri a stroncare la loro vita già precaria sul nascere, privando loro di punti di riferimento validi.

2) EDSCUOLA.EU di Mario Coviello

 

Per la maggior parte dei ragazzi questa sarà l’ultima settimana libera. Per quelli della Provincia autonoma di Bolzano le vacanze sono già finite: l’8 settembre sono tornati sui banchi di scuola. La campanella suona mercoledì 10 per i «cugini» di Trento e per i molisani e giovedì 11per i valdostani e gli abruzzesi . Il 15 settembre tocca agli alunni di altre quattordici regioni. Tra elementari, medie e superiori quest’anno scolastico gli studenti sono in Italia quasi ottomilioni precisamente 7.881.838.
Le famiglie, si legge che quest’anno spenderanno 450-490 euro soltanto per il corredo scolastico. Altri 300-350 euro serviranno per l’acquisto dei testi alle scuole medie e superiori. Conto finale: da 750 a 840 euro per ogni figlio.
A lungo, in questi giorni ho pensato a come augurare alla scuola italiana un anno scolastico sereno e mi è venuto in aiuto il libro “ L’ora di lezione “ di Massimo Recalcati (Einaudi, pagg. 162, euro 14)«Ero stato un bambino considerato idiota. Fui bocciato in seconda elementare perché giudicato incapace di apprendere. ”Una “vite storta”, così era considerato Recalcati, «andavo lento e ora mi rimproverano di andare fin troppo veloce». E sembra di rileggere Daniel Pennac che in “Come un romanzo” racconta che viene rinchiuso in un riformatorio perché ritenuto un ritardato.

Anche Recalcati è una vite che della stortura fa oggi un vanto, “ perché progredire nella conoscenza non significa raddrizzarsi piuttosto capire quale sia la strada. Inseguire la stella filante del desiderio e nutrirsi del suo riflesso di luce.”

E allora la prima cosa che sento di dover raccomandare ai genitori e ai docenti è “ che nel cielo perturbato dell’adolescenza quella stella qualcuno deve pur accenderla. È questo il destino del genitore e del maestro.” Ed è questo il cuore pulsante di un libro originale e bellissimo,che sin dalla titolazione include una parola inedita per la didattica. La parola “erotismo”.

All’inizio del nuovo anno scolastico , nel vivo della discussione sulla “ Buona scuola” del governo Renzi, con Recalcati voglio ricordare a tutti i docenti che «Non esiste insegnamento senza amore. Ogni maestro che sia degno di questo nome sa muovere l’amore,l’insegnamento efficace è profondamente erotico, è in grado di generare quel trasporto che in psicoanalisi chiamiamo transfert».

La scuola ,secondo Recalcati,come “sentinella dell’erotismo del sapere”, della possibilità del risveglio. Il luogo che ti conduce altrove, «di fronte al nuovo, all’inaudito, all’imprevisto». L’urto che ti costringe a pensare.”
Ma come si fa col precariato, gli insegnanti di sostegno che scarseggiano, le scuole sporche, la carta igienica che manca, gli insegnanti “anziani e sfiduciati “ che aspettano di andare in pensione?

Recalcati afferma che” l’apprendimento è un miracolo che può compiersi solo se non c’è sudditanza. Non vi può essere. Ed è questo l’errore in cui precipita l’attuale scuola delle competenze, quella dell’efficienza e della prestazione, che riduce l’apprendimento a plagio, alla pura ripetizione, al calco acritico di un sapere costituito.”

La metafora dell’amore, spiega lo studioso, consiste nel trasformare chi ascolta in soggetto attivo, da “eromenos” in “erastes”, dallo statuto inerte dell’amato a quello partecipe dell’amante, di colui che cerca. All’origine è il gesto scandaloso di Socrate nella scena di apertura del Simposio. Agatone lo vuole vicino a sé per essere “riempito” della sua sapienza, ma il maestro rifiuta il ruolo.
Senza ricerca non ci può essere conoscenza. Il sapere si alimenta di vuoti, non di pieni. «E il sapere del maestro non è mai ciò che colma la mancanza quanto ciò che la preserva». Questo in sostanza dice il gesto spiazzante di Socrate.
Recalcati è convinto che per questo che bisogna ripartire dall’ora di lezione. Solo l’incontro misterioso tra allievi e maestri può salvare un’istituzione che rischia il naufragio. Niente può sostituirlo: né computer né slide né pillole tecnologiche. Recalcati non ignora il carico di paradossi che grava sull’insegnante, figura sociale mortificata eppure oggi più che mai investita di attese e responsabilità.
Se nella scuola che Recalcati definisce “Edipo” quella antica fondata sull’autorità del padre, gerarchica, assai temuta era integro il patto tra genitori e insegnanti, nell’attuale scuola “Narciso” quel patto s’è frantumato, travolto da una nuova mortifera alleanza tra genitori e figli. Un’alleanza fondata sull’abolizione di ostacoli e limiti, sul “perché no?”, su una coincidenza dí narcisismi paterni e filiari che non contempla frustrazioni e ancor meno fallimenti. E’ questa la solitudine dell’insegnante, «costretto a supplire a famiglie inesistenti o angosciate». Ed è anche la solitudine in cui versa la scuola che, se prima incarnava l’istituzione sorvegliante e punitiva, oggi si trova a essere l’unico baluardo di resistenza «all’iperedonismo acefalo», dunque uno strumento di liberazione piuttosto che di intruppamento ideologico. È un’isola di anticonformismo, ripete giustamente Recalcati, la sola che ponga dei limiti al godimento immediato. La legge della parola contro l’indisciplina del consumo sfrenato: di oggetti tecnologici, di alcol, di fumo, di droghe. E senza legge non c’è neppure desiderio.
Ma come si fa a conciliare norma ed Eros? Come si trasforma un libro in corpo erotico, cosa che permetterà all’allievo di «tradurre ogni corpo che incontra in un libro da leggere»? Qui l’autore non può che evocare gli insegnanti della sua vita. La maestra delle elementari che lo sottrasse dalla “malinconia ebete” del bambino negletto. L’incontro folgorante nel secondo anno dell’istituto agrario, nella periferia povera di Quarto Oggiaro: fu Giulia Terzaghi a rappresentare il taglio, “la ripartenza”, «non sarei più stato l’idiota della famiglia, lo studente storto che gettava i suoi genitori nell’angoscia “.

Ogni lettore penserà ai suoi di maestri, a quelli che hanno acceso le stelle filanti del desiderio. Ne ricorderà la voce, quel particolare timbro, le inflessioni, la particolarità. Perché è vero quel che scrive Recalcati, dei professori si può dimenticare la faccia o il nome ma non la voce. La voce che è corpo, «espressione materiale e spirituale del desiderio di insegnare».
Il desiderio di insegnare, ecco il filo comune. I maestri sono per sempre, in ciò che sei diventato, in quello che leggi e impari ogni giorno. «Sei una presenza che insiste a vivere in me», scrive Recalcati in una lettera d’amore alla professoressa Giulia. «Impossibile continuare senza di te, ma impossibile non continuare senza di te». Parole di Beckett che resistono.