Come due coccodrilli (Campiotti 94)

INDICE
TRAMA
RECENSIONE
SCENE DAL FILM

TRAMA
Gabriele, un quarantenne italiano che vive a Parigi dopo aver abbandonato la casa paterna, si è imposto nell’ambiente dei ricettatori d’antiquariato perchè considerato preparatissimo: si è fatto una fortuna ed ha una relazione con la bella Claire, che però non si decide a sposare, vivendo da “single”. Inaspettatamente Gabriele è fortemente colpito da una notizia: sul lago di Como, sua terra d’origine, è all’asta, nella villa signorile del padre in cui è cresciuto, un vaso antico d’inestimabile valore. Gabriele parte precipitosamente per l’Italia, dopo aver promesso a Claire di farle avere notizie, non senza aver fatto firmare e timbrare dalla segretaria del suo Centro d’antiquariato, una dichiarazione in bianco chiedendole fiducia, con la segreta intenzione di avvalersene per una personale vendetta. Giunto senza preavviso alla villa paterna trova una bambina: le si avvicina riuscendo a conquistarsi l’amicizia della piccola ed a farsene una specie di guida verso l’interno, dove era stata fatta una copia del famoso vaso, da parte dei suoi fratellastri, guidati dal padre. Gli si riaffacciano gli incubi ed i ricordi angosciosi dell’infanzia e dell’adolescenza: la mamma Marta – l’aveva scoperto da bambino – non era la moglie, ma l’amante del padre Pietro, sposato ad un’altra e con figli, che alla morte da parto di lei, aveva voluto con sé Gabriele, affidando il neonato ad una balia. Ha intenzione di denunciare quel falso, riducendoli in miseria. Senonché l’ambiente, il rivedere il padre di cui ricorda d’esser stato amato quanto quegli odiosi fratellastri, ed il fratello molto caro, i ricordi che gli si affollano nell’animo: tutto un insieme di circostanze lo sconvolgono e lo fanno desistere. Distrutte le prove di quel falso, insinuandosi in un ripostiglio nel quale aveva accuratamente nascosto da ragazzo i resti dell’originale, si presenterà ai suoi familiari, ma straccerà davanti a loro la fatale denuncia già pronta, fuggendo ancora una volta, inseguito dai disperati richiami del fratello, mentre già il motoscafo si sta staccando dalla darsena. Gli grida: “ritornerò” ormai trasformato in un nuovo Gabriele, libero dai risentimenti che lo imprigionavano. (cooming soon)

RECENSIONE

“Come due coccodrilli è un film sull’amore, dove questo sentimento è inteso nel senso più ampio e nemmeno nel solo significato positivo del termine.
È una storia che parla di rapporti d’amore tra uomini e donne, a volte felici ma più spesso complicati, fatti anche di passioni, tradimenti, incapacità di
prendere delle decisioni definitive.
È una storia che parla di rapporti tra genitori e figli, delle difficoltà di instaurare da parte dei primi un rapporto educativo veramente di crescita. È
una storia che parla dell’amore tra i fratelli, ma anche dei conflitti, delle gelosie, dell’odio che si può scatenare tra di loro.
È una storia che parla di ingiustizie subite, di come queste si possano radicare nei nostri pensieri e tornare a galla dopo anni sotto forma di desiderio
di vendetta. È una storia che parla del tempo che passa e che trasforma ogni cosa. È una storia che parla della possibilità per ognuno di noi di prendere
coscienza della realtà oltre noi stessi e, forse, della possibilità di cambiare”. Così la dichiarazione di Giacomo Campiotti, regista del film. Campiotti
afferma inoltre di avere utilizzato come fonte di ispirazione per il suo soggetto il lungo racconto di “Giuseppe venduto dai fratelli” che si trova,
senza sostanziali differenze, sia nella Bibbia che nel Corano. “A questo racconto gli autori” aggiunge il regista” si sono accostati con
grande umiltà ma anche con totale libertà, tanto che è estremamente difficile riconoscere nella storia di Come due coccodrilli l’illustre origine.
La storia di Giuseppe è stata solamente uno stimolo per la ricchezza e la qualità con cui tratta la molteplicità dei sentimenti e delle pulsioni presenti nell’uomo e per l’originalità delle situazioni descritte.” Questa premessa può essere utile per inquadrare la storia di un film che ha ottenuto riconoscimenti in molti paesi esteri (compreso un premio dei giovani al Festival Internazionale di Locarno 1994 e la vittoria a un’importante rassegna di film tenutasi nel novembre dello stesso anno a New York) ma ha avuto notevoli difficoltà di distribuzione proprio in Italia.
Il film si struttura, sin dall’inizio, con una forte alternanza tra presente e flashback che fungono da memoria (dapprima inconscia nel sonno e poi
sempre più cosciente) per il protagonista e da nucleo informativo- emozionale per lo spettatore.
Come due coccodrilli viene così a declinarsi (grazie anche all’uso del colore e del viraggio) lungo tre linee temporali: 1) il ‘presente’ di Gabriele
ormai uomo; 2) il ‘passato remoto’ del Gabriele bambino (raccontato facendo uso del viraggio); 3) il ‘passato prossimo’ del Gabriele ragazzo.
Campiotti inserisce la vicenda del protagonista all’interno di luoghi la cui struttura architettonica diviene essa stessa comunicazione di messaggi e veicolo di senso.
Dopo la prima inquadratura fortemente simbolica (che verrà riproposta con variazioni più avanti nel film) che ci mostra un pesce in una boccia di cristallo dinanzi a uno scorcio di Parigi, la macchina da presa prosegue il tema mostrandoci un acquario attraverso le cui pareti si può scorgere una parte dell’appartamento di Gabriele. Una serie di movimenti di macchina (separati dalle irruzioni della memoria dell’infanzia) ci conducono in visita a quella sorta di acquario freddo e tecnologico che è l’abitazionein cui l’uomo sta dormendo dopo un rapporto di quello che lui pensa essere l’amore.
Il passato, che ha la dimensione del sogno in equilibrio tra gioia e sofferenza, ci mostra le condizioni della sua crescita di figlio ‘illegittimo’ in un contesto abitativo che emana il calore di sentimenti vissuti appieno ma le cui dimensioni sembrano modificarsi profondamente nel momento della paura per la vita della madre. Così come, in un’altra fase della storia, sarà un ascensore a marcare fortemente una separazione che costituisce una cesura esistenziale tra il protagonista e il mondo degli affetti.
I luoghi segnano anche lo scorrere del tempo e le trasformazioni profonde che attraversano le persone che li abitano. Si vedano, in proposito, la villa e la vetreria. La prima, coacervo di tensioni nella sua sobrietà architettonica (significativa l’inquadratura dall’alto di Martino che gira in tondo nella sua stanza sul triciclo, con un sacchetto sulla testa per non sentire l’ennesimo e definitivo alterco) che diventa, nel finale, luogo in cui ‘vendere’ il proprio patrimonio dopo che ci si è ridotti a vivere in una sua ala.
La vetreria, nel suo degrado originato dall’abbandono, acquista invece il significato di uno spazio in cui ritrovare il senso del ‘fare’. Gabriele, che si è
rinchiuso nella gelida geometria di una casa tecnologica e ‘commercia’ i prodotti della creatività altrui, riscopre la propria abilità di artigiano grazie a una bambina.
Campiotti lavora molto anche sulle continuità visive. Un dettaglio, un oggetto, una situazione fanno tornare ‘presenti’ episodi che il protagonista credeva di avere ormai sepolto nella memoria. Ecco allora che la corsa di Gabriele ragazzo nel momento in cui fugge da una realtà che è divenuta insopportabile (con Martino che lo insegue per chiedere un aiuto che non verrà) è fatta oggetto di più riproposizioni che marcano le affinità e/o le differenze sostanziali delle diverse fasi del ‘viaggio’ di Gabriele.
Perché Come due coccodrilli, con le sottolineature stilistiche di cui si è detto, è un film sul viaggio dalla duplice possibilità di lettura. Come elemento più evidente si tratta di uno spostarsi ‘fisico’ da un luogo (Parigi) all’altro (Varenna). Quelli che però più contano sono i due progressivi ‘avvicinamenti’. Da un lato c’è quello a un passato rimosso che risale a livello cosciente e dall’altro quello a un presente in cui il futuro (proprio e altrui) dipende dalle scelte che si andranno a operare. Qui, anche se Campiotti non la ripropone più, sembra riecheggiare una frase pronunciata dalla madre e udita dal piccolo Gabriele:”Non si può costruire la propria felicità sull’infelicità altrui”. Il protagonista, divenuto adulto, compie una scelta in quella direzione e la canzone di Lucio Dalla (nei titoli di coda) ne completa il senso. (lombardiaspettacolo)

SCENE

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